Page 7 - Keplero. Il cosmo come armonia di movimenti
P. 7
IL FILOSOFO REALISTA
Se c’è uno scienziato che incarna la complessa transizione tra il Cinquecento e il
Seicento – da un mondo ancora legato all’antichità, costruito intorno all’uomo e
giunto ormai alla fine, ai fermenti di un nuovo ordine universale dettato dalla
ragione, dall’osservazione del reale e non rivolti soltanto alla visione del cosmo ma
all’intera vita civile – questo è Keplero. In lui convivono, interagendo fra loro,
scienza, filosofia e religione, il platonismo che assegnava alla matematica il ruolo
principe nella struttura del mondo creato da un Dio «che geometrizza»,
l’aristotelismo fondato sull’empirismo come pure sulla ricerca delle cause fisiche dei
fenomeni, e il copernicanesimo che aveva gettato le basi della rivoluzione scientifica
del XVII secolo.
Per lo scienziato tedesco, l’astronomia – scoperta relativamente tardi –
rappresentava in realtà il migliore cammino verso Dio. Affermò – come scrisse al
letterato e filosofo veneziano Vincenzo Bianchi – di «non voler essere condannato
alla monotonia dei calcoli matematici» e di avere bisogno di tempo «per le
speculazioni filosofiche», la sua «unica delizia». L’approccio alla formulazione delle
leggi sul moto dei pianeti per le quali è famoso si basò infatti sull’ordine matematico
degli intervalli tra le note musicali, di derivazione pitagorica, e sulla
reinterpretazione dei rapporti geometrici tra i cinque solidi regolari platonici,
rispecchiati in quelli delle orbite dei pianeti conosciuti e dei loro periodi di
rivoluzione. In realtà, tale corrispondenza era fortemente approssimativa, una pura
coincidenza, e fu da lui riveduta e corretta con l’introduzione – un colpo di genio –
delle orbite ellittiche anziché circolari. Arrivò a questo risultato attraverso lunghi e
minuziosi calcoli sulle osservazioni astronomiche che aveva ereditato dal suo
predecessore alla Corte di Praga, Tycho Brahe. Così, introdusse una buona dose di
realismo nella sua visione filosofica del cosmo. E solo in questo modo poté indicare
che l’ipotesi eliocentrica copernicana poteva rispecchiare la realtà.
Altri suoi contributi decisivi riguardarono il concetto del Sole non più come un
punto geometrico ma come un corpo celeste capace di influenzare le orbite dei
pianeti; orbite non più viste come elementi solidi a cui i pianeti stessi sono
“ancorati”, come si riteneva fin dai tempi di Aristotele. Si tratta di un altro dogma
che si avviava all’estinzione, giacché in una nuova edizione del suo Mysterium
Cosmographicum lo scienziato tedesco propose di abbandonare il concetto di
“anima” come elemento causale per il movimento planetario a favore di una virtus,
una “forza motrice quasi magnetica” che risiede nel Sole e da esso promana,