Page 131 - Pigmenti
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mentre in presenza di aria umida reagisce con l’ossigeno, trasformandosi in PbO 2 , di colore bruno.:
2 Pb 3 (CO 3 ) 2 (OH) 2 + O 2 → 6 PbO 2 + 2 CO 2 + 2H 2 O
Per questo, il suo uso è sconsigliato nella pittura ad affresco, infatti, con il tempo, annerisce rendendo le pitture oscure
ed irriconoscibili.
Invece nelle tecniche ad olio la biacca è compatibile con tutti gli altri pigmenti perché le sue particelle risultano
inglobate nella pellicola di olio che non permette il contatto diretto con altri pigmenti e con l’aria.. Inoltre, essendo
fortemente basica, reagisce con i gruppi –COOH liberi delle resine e degli oli, formando saponi di piombo che
funzionano come catalizzatori della polimerizzazione, accelerando di molto l’essiccazione, anche in profondità..
APPROFONDIMENTO
Biacca La biacca o bianco di piombo è un carbonato basico di piombo che si trova in natura come minerale cerussite ma è da sempre
stata ricavata artificialmente dal piombo. Il metodo di preparazione consisteva anticamente nell’esposizione per circa un mese di
lastre di piombo entro recipienti in terracotta, ai vapori di aceto; i recipienti erano a loro volta immersi nel letame. Dal processo di
fermentazione si veniva a formare sulla superficie delle lastre una crosta bianca, che dopo essere stata asportata e purificata dai sali,
veniva macinata. Un altro sistema più recente, detto processo Dutch, prevede che frammenti di piombo siano messi in recipienti di
terracotta immersi in acido acetico e avvolti in pezzi di corteccia ricca di tannini dove ha luogo una reazione di fermentazione della
corteccia con l’acido acetico, il processo dura circa novanta giorni. Il colore ottenuto da questi processi ha un alto indice di rifrazione
e quindi un buon potere coprente. La lavorazione del pigmento era molto pericolosa, trattandosi di una sostanza velenosa che si
accumula nell’organismo e provoca intossicazioni spesso mortali. Calcinato diventa prima giallo (massicot-litargirio), poi rosso
(minio). In pittura è stato usato dall’antichità fino al XIX secolo sia in Oriente che in Occidente, viene citato negli antichi ricettari,
dal Cennini e dal Vasari. Nella pittura murale veniva sconsigliato per la facilità alla decomposizione e all’annerimento, fenomeno che
avviene sotto l’azione combinata di luce, umidità e di microorganismi.
Composizione chimica: Carbonato basico di piombo.
Formula: 2PbCO3 Pb(OH)2
Numero CAS: 1319-46-6
Colour-Index (Colour-name): PW1
Altri nomi:
Bianco di piombo
Bianco d’argento
Bianco di Cremnitz
Bianco di Kremser
Bianco di Genova
Bianco di Londra
Bianco di Vienna
Bianco Inglese
Bianco di Venezia
Bianco Olandese
Cerussa
Bianco di Nottingham
Periodo d’uso
Conosciuto ed utilizzato fin dai tempi più antichi è stato l’unico bianco disponibile, e comunque il più diffuso, fino al XIX secolo; in
seguito, con l’inserimento in commercio del Bianco di Zinco (nel 1840 circa) e, nel XX secolo (1930 circa), del Bianco di Titanio, il
suo impiego è parecchio diminuito fino quasi a scomparire del tutto. Oggi viene usato esclusivamente da alcuni pittori
particolarmente legati alla tradizione e, seppur raramente, in lavori di restauro. In antichità è stato anche usato, dai greci e dai romani,
a scopo cosmetico.
Tossicità
Il piombo ha notoriamente spiccate proprietà nocive, ed è in grado di causare danni a seguito di accumulo progressivo
nell'organismo. Tale patologia, nota come "saturnismo", si manifesta con ben precisi sintomi. Quelli più diffusi, che indicano un
avvelenamento cronico da piombo, sono: mal di testa, stanchezza, stipsi, diarrea, coliche, insufficienza renale, insufficienza epatica,
anemia, disturbi gengivali, disturbi del sonno, dolori muscolari e tendinei, tremori, grigiore del volto e cardiopatia.
Le persone che lavorano con i composti del piombo vengono generalmente sottoposte a controlli medici di routine, effettuati a
scadenze regolari.
Nell'uso artistico la principale via di intossicazione è l'inalazione del pigmento in polvere. I sintomi tipici possono presentarsi col
tempo, senza che ci sia un effetto immediato derivante dall'esposizione. L'accumulo progressivo può portare a convulsioni, follia,
coma e morte.
La pericolosità della biacca in leganti oleosi è quasi del tutto annullata dall'assenza di polverulenza; ciononostante, l'utilizzo deve
comunque avvenire con le cautele suggerite dall'esperienza e dal comune buon senso, senza mai dimenticare che si sta maneggiando
un materiale velenoso.
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