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Le guerre più inutili della storia
Rivolta di Nika - Hooligans nell’alto medioevo  (532 d.C.)

Il tifo per la propria squadra, si sa, può essere molto acceso. Quando si mescola alle questioni politiche, può portare a 30.000 morti. È quanto accadde nel 532 a Costantinopoli.
Alle corse all’ippodromo le squadre dei Verdi e degli Azzurri erano solite darsele di santa ragione. Per sedare questi facinorosi, l’imperatore Giustiniano fece impiccare alcuni ultras. Due (un Verde e un Azzurro) però si salvarono in quanto il patibolo si ruppe e riuscirono a scappare in un monastero. Giustiniano, però, esigeva che le loro teste bacate fossero appese alla forca, cosa che fece stranamente coalizzare le due fazioni, che misero a ferro e fuoco la città per protesta, aizzate dai nemici dell’imperatore.
I generali Narsete e Belisario (quelli delle guerre persiane e della guerra gotica) convinsero con denaro i tifosi a recarsi all’ippodromo e qui ne fecero strage, ponendo fine a sei giorni di rivolte e alla vita dell’imperatore alternativo da loro eletto.
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La secchia rapita - Modena vs Bologna  (1325)

L’unico caso italiano di questa classifica riguarda il celebre scontro medievale tra Bologna e Modena, che ebbe per oggetto, letteralmente, un secchio di legno. La guerra si situa nel più ampio conflitto tra guelfi e ghibellini, i quali - com’è noto - sostenevano rispettivamente il Papa e il Sacro Romano Imperatore relativamente al contesto delle città-stato italiane. Tra guerre e periodi di pace, lo scontro politico e militare tra le due fazioni andò avanti per quattro secoli.
La guelfa Bologna e la ghibellina Modena erano inoltre rivali sul piano regionale: “campanilismo’ in senso stretto, dato che una forma di competizione tra le due città passava anche per la costruzione di alti campanili quali la Ghirlandine modenese, oggi patrimonio Unesco, nel Trecento appositamente ristrutturata in modo da far sfigurare le torri bolognesi. Nel 1325 la situazione tra le due città non era particolarmente tranquilla: Bologna e Modena si erano già rese protagoniste di diverse schermaglie locali, non sfociate in guerre vere e proprie ma piuttosto battaglie episodiche, comunque difficili per la popolazione.
Fu in questo contesto che, il 15 novembre, alcuni soldati modenesi decisero di infiltrarsi nel centro di Bologna e rubare la celebre secchia, che giaceva accanto a un pozzo. C’è chi racconta che questa fosse piena di tributi; altri affermano che fosse assolutamente senza valore. Fatto sta che i bolognesi non intendevano accettare l’affronto: fu chiesto a Modena di riconsegnare la secchia, e al rifiuto dei rivali si procedette a dichiarare guerra. La guerra si svolse in un’unica battaglia, quella di Zappolino, dove si affrontarono in totale quasi 40mila soldati (32mila bolognesi e 7mila modenesi), coadiuvati dai rispettivi alleati guelfi e ghibellini. Incredibilmente, Modena - impreparata e in inferiorità numerica - respinse l’assalto di Bologna e fece arretrare i rivali fin dentro le mura della propria città, per poi sbeffeggiarli. I morti furono duemila. La secchia è ancora oggi a Modena, dove di tanto in tanto si tiene a ricordare ai bolognesi l’antica ma bruciante faccenda. La quale, peraltro, ispirò il poema eroicomico La secchia rapita di Alessandro Tassoni.
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La guerra dei 335 anni  -  Paesi Bassi vs. isole Scilly  (al largo dell'Inghilterra)  (1651-1986)

La verità sull’esistenza di questa guerra fu sempre messa in discussione. Si diceva che la guerra durò così tanto a causa della mancanza di un trattato di pace per 335 anni senza che fosse stato sparato un solo colpo, il che la renderebbe una delle guerre più lunghe al mondo e una tra le meno sanguinose. Nonostante l’incertezza riguardo alla validità della dichiarazione di guerra, e dunque i dubbi mossi sull’esistenza dello stato di guerra, la pace fu infine dichiarata nel 1986, sancendo la fine di un ipotetico conflitto che si potrebbe considerare realmente avvenuto solo a livello giuridico.
Le origini della guerra si trovano nella guerra civile inglese, combattuta tra i realisti e i parlamentari dal 1642 al 1651.
Oliver Cromwell aveva combattuto i realisti ai bordi del Regno d’Inghilterra, fino ad isolarli in Cornovaglia, ultima roccaforte realista. Quando le truppe parlamentari trionfarono, la marina fedele al re fu costretta a ritirarsi sulle Isole Scilly, un piccolo arcipelago a 45 chilometri dalla costa, sotto la proprietà del realista John Granville. Essa venne utilizzata per attaccare i mercantili olandesi, poiché durante la guerra civile inglese, l’Olanda era alleata con i repubblicani.
Di conseguenza, l’Ammiraglio olandese Tromp, ricevuto il rifiuto dei monarchici di ripagare i danni commessi alla marina mercantile olandese, si sentì giustificato a dichiarare guerra alla Isole Scilly, nonostante fossero tecnicamente sotto autorità britannica (inoltre, Tromp non rispettò l’ordinaria procedura per la “dichiarazione di guerra”, lasciando diversi dubbi agli storici se considerarla come guerra vera e propria) nell’aprile del 1651.
Nel giugno del 1651, poco dopo la dichiarazione di guerra, le forze parlamentari sotto l’ammiraglio Robert Blake costrinsero la flotta realeista a cedere. La flotta olandese, non più sotto minaccia, se ne andò senza sparare un colpo. A causa dell’oscurità della dichiarazione di guerra di una nazione contro una piccola parte di un altro stato, gli olandesi non dichiararono ufficialmente la pace.
La cosa fu presto dimenticata, fino a quando, nel 1985, uno storico originario delle Isole Scilly, Roy Duncan, non scrisse all’ambasciata olandese a Londra chiedendo di sfatare quella che credeva essere solo una leggenda; i Paesi Bassi, però, dopo adeguate indagini, si resero conto che lo stato di guerra non era mai stato revocato, e così nel 1986 l’ambasciatore olandese fece una visita ufficiale alle isole e firmò, finalmente, l’agognato trattato di pace.e alla vita dell’imperatore alternativo da loro eletto.
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La guerra del’orecchio di Jenkins  -  Impero britannico vs. Impero spagnolo  (1739-1742)

Durò dal 1739 al 1742 e contò 30.000 vittime tra morti e feriti. Però pensare che ebbe inizio quando un certo Jenkins, mercante inglese, mostrò alla Camera dei Comuni il suo orecchio mozzato...  “Mi hanno ridotto così!” gridò, ponendo sotto il naso dei politici la sua parte amputata anni prima e ormai marcescente.
Era intollerabile che gli spagnoli trattassero come contrabbandieri degli onesti mercanti nelle Indie Occidentali. Soprattutto se detti mercanti potevano essere il pretesto per fare abbassare la cresta all’impero rivale, che pensava di poter fare i suoi comodi in quell’emisfero del globo.
Certo, è uno dei pretesti più ridicoli mai utilizzati.
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La battaglia di Karànsebes  -  Austriaci vs. Austriaci  (1788)

Il 1788 vedeva l’Impero asburgico in lotta contro quello ottomano (come poi accadeva quasi sempre). 100.000 austriaci erano accampati vicino alla cittadina rumena da cui il nome della battaglia. Un gruppo, composto perlopiù da cavalieri ussari, venne mandato in avanscoperta in cerca di nemici, ma incrociò invece dei rom che gli vendettero dell’alcool scadente a poco prezzo. Quando giunsero altri soldati, chiesero a quelli già alticci di dare anche a loro del liquore, ma si generò una rissa. Per fermare gli ussari, un fante gridò “Turchi!”. Si scatenò invece il caos e partì il primo colpo di fucile, a cui ne seguirono molti altri. Il grido “Halt!” degli ufficiali servì solo ad incrementare la follia, dato che venne scambiato dai reparti rumeni, italiani e slovacchi per “Allah!”, un incitamento sorto tra le fila nemiche. Quando si giunse ai cannoni, si può immaginare quale fosse ormai il livello di degenerazione della cosa. I turchi, due giorni dopo, videro 10.000 nemici caduti senza che avessero dovuto affrontarli.
I belligeranti non furono altri che l'esercito austriaco contro se stesso. A rincarare la dose fu un comandante che, uscito dalla tenda, vide gli ussari galoppare per il campo e pensò a un attacco della cavalleria ottomana: pertanto, decise di ordinare un attacco con l'artiglieria. Nel frattempo il resto delle truppe procedeva ad ammazzarsi vicendevolmente, credendo che il nemico fosse ovunque. Successivamente, l’intero esercito arretrò la propria posizione convinto di trovarsi in pieno fronte.
II risultato non fu ovviamente positivo, sebbene si ritenga che la stima di 10rnila vittime sia esagerata: la maggior parte degli storici concorda che l'evento di Karànsebes causò 1.200 tra morti e feriti, che per un caso di fuoco amico non sono comunque pochi. Gli ottomani arrivarono solo due giorni dopo e presero la città senza alcuna resistenza, probabilmente incuriositi dai numerosi corpi dei nemici sparsi nelle vicinanze.
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La guerra anglo-americana  (1812-15)

Gli USA dichiararono guerra all'ex madrepatria in risposta all'embargo commerciale. Gli inglesi riuscirono ad arrivare alle porte della capitale. Durante la notte del 24 agosto 1814, i soldati di sua maestà appiccarono il fuoco alla residenza presidenziale, lanciando sulle finestre di legno dei dardi infuocati.
In quella notte così concitata, l’eroina della guerra Dolly Madison, riuscì a salvare dalle fiamme la tela che rappresentava il padre della nazione, George Washington. Sfidando il fuoco ritagliò la tela e scappò via in carrozza, nascondendo il prezioso dipinto.
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La guerra di Aroostook  -  Impero Britannico vs Stati Uniti  (1838-39)

Una banale disputa tra Usa e Gran Bretagna sui diritti di sfruttamento delle foreste tra Maine e Canada sfociò in una guerra non dichiarata.
La parte orientale del Maine era stata occupata dal Regno Unito durante la guerra del 1812 ed esso la riteneva suo possedimento anche se non vi stazionavano più truppe. Degli americani, però, vi tagliarono legna da ardere nel 1838, suscitando le ire degli inglesi.
Entrambi i Paesi inviarono delle truppe e per un anno si fu sul punto di iniziare un nuovo conflitto.
I preparativi però andarono per le lunghe e furono anche piuttosto raffazzonati, tanto che gli americani ricevettero per sbaglio un grosso quantitativo di maiale e fagioli come viveri (la guerra è nota infatti anche come “guerra dei maiali e dei fagioli”). Infine, al tavolo delle trattative si giunse ad un accordo e tutto si risolse pacificamente, anche se ci fu qualche centinaio di vittime per malattie e incidenti.
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Guerra dei pasticcini  -  Francia vs. Messico  (1838-1839)

Correva l'anno 1832 quando monsleur Remontel. pastlccere francese residente a Tacubaya (Messico), subì il saccheggio del proprio forno da parte di ignoti. Non era la prima volta che avveniva un fatto simile: il Paese viveva in quel momento una fase di rivolta civile che sfociava spesso e volentieri in violenza. La Francia fu particolarmente indispettita dall'accaduto: simili saccheggi nei confronti di cittadini francesi si erano già verificati, come anche l'omicidio di un connazionale accusato di pirateria.
Sei anni dopo, la lamentela di Remontel portò il primo ministro Louis-Mathieu Molé a chiedere allo Stato messicano una riparazione di 600.000 pesos, pari a circa 3 milioni di franchi dell'epoca. Una cifra enorme che il suo corrispettivo d'oltreoceano, Augusto Bustamante, rifiutò di consegnare. La Francia predispose allora un embargo navale nei confronti del Messico, per poi procedere a bombardare la fortezza di San Juan de Ulua e invadere la città di Veracruz. Nel corso della battaglia di Veracruz, il generale Antonio Lopez de Santa Anna - appositamente tornato dalla pensione - subì l'amputazione di una gamba, che fu sepolta con tutti gli onori militari.
Il conflitto durò circa tre mesi, durante i quali la Francia fu aiutata dal principale alleato dell'area, gli Stati Uniti. Dei seimila soldati che si trovarono ad affrontarsi, le vittime furono 127. La pace, moderata dal Regno Unito, segnò la vittoria francese e condannò il Messico al pagamento dei famigerati 600.000 pesos ai cittadini che avevano subito i torti, oltre a una serie di vantaggi commerciali per i transalpini. Il Messico, però, non saldò mai il debito, e ciò fu tra le principali cause delle successivo guerre franco-messicane.
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La guerra di Flagstaff  -  Impero britannico vs. Maori  -  11 marzo 1845

Gli inglesi stanno facendo i loro comodi in Nuova Zelanda, incluso innalzare la loro bandiera a Kororareka, sulla Flagstaff Hill.
Eppure, sotto la cenere covava del malcontento presso i nativi, a seguito del Trattato di Waitangi che li aveva lasciati insoddisfatti dopo una guerra piuttosto sanguinosa.
Così, un giorno uno di loro va all’asta della bandiera e la abbatte. Gli inglesi mostrano tolleranza limitandosi a innalzare di nuovo la Union Jack. Ma la bandiera viene abbattuta di nuovo. Poi un’altra volta. Alla quarta volta, l’offesa è troppo grande anche per i britannici. Specie se è accompagnata da raid, guarnigioni attaccate e bruciate nei fortini, ribellioni diffuse.
Inizia così una guerra che dura per dieci mesi.
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La guerra del maiale   -   Impero Britannico vs Stati Uniti  (1859-1872)

Sull’isola di San Juan, vicino a Vancouver, tra Canada e Stati Uniti, vivevano sia inglesi della Hudson Bay Company che coloni americani. Entrambi i Paesi rivendicavano quel territorio, ma per anni andò tutto bene comunque. Sennonché un giorno del 1859 un americano sparò ad un maiale che razzolava nella zona. Ma, ahimè, un maiale inglese, che apparteneva all'irlandese Charles Griffin, dipendente di una compagnia britannica. Il colpevole offrì un risarcimento di 10$, il proprietario ne chiese 100. Solo l’esercito poteva risolvere una tale crisi intemazionale. Ai 461 soldati americani vennero opposti 2.140 inglesi. Ma gli insulti furono l’unica cosa scambiata tra un campo e l’altro. Sebbene solo 15 anni dopo l’ultimo soldato venne smobilitato, la cosa si risolse pacificamente. L'unica vittima fu il maiale!
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La guerra paraguaiana  -  Paraguay vs. Brasile, Argentina, Uruguay  (1864-70)

Per quale motivo il presidente/dittatore del Paraguay, Lopez, dichiarò guerra ai Paesi confinanti nel 1864? Forse per mostrare la sua testardaggine o per eguagliare Napoleone, di cui era ammiratore. In realtà c'era lo zampino dell’Impero britannico.
Fatto sta che il conflitto durò fino al 1870, oltre metà della popolazione del Paraguay morì (tra cui il 90% dei maschi adulti), 140.000 kmq di territorio passarono ad Argentina e Brasile, il Paese venne occupato da truppe straniere fino al 1876.
Chiediamoci: ne valse veramente la pena? È lecito dubitarne.
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Lijar vs. Francia  -  Cittadina di Lijar (Spagna) vs. Francia  (1883)

Lijar è una cittadina andalusa che attualmente consta di circa cinquecento abitanti. E si, è stata in guerra per cent'anni con la Francia. Le origini di questo conflitto particolarissimo - e privo di sangue - sono da ricercarsi nella visita di Alfonso XII in Francia, nel 1883. In quell'occasione, il re spagnolo, che indossava un'uniforme militare che gli era stata donata dalla Prussia, fu pesantemente insultato da alcuni abitanti parigini e, sembra, perfino attaccato fisicamente. Il re, in virtù della ragion di stato, minimizzò l'accaduto; ma i cittadini di Lijar ne uscirono offesi a morte
Nell'ottobre dello stesso anno, l'assemblea comunale del paesino decretò quanto segue: «Il nostro re Alfonso, mentre passava per Parigi il 29 di settembre, è stato preso a sassate e offeso nel più codardo dei modi dalle miserabili orde della nazione francese. (...) il villaggio di Lijar, nonostante disponga solo di 100 uomini, si propone di dichiarare guerra all'intera Francia, dato che un solo uomo di questo villaggio vale quanto 10.000 francesi».
Un atto unilaterale e folle che, come si può ben intuire, non ebbe mai alcuno sviluppo reale sul piano internazionale. Ma a Lijar, inevitabilmente, è una storia che conoscono tutti, tramandata di padre in figlio e ormai - nell'era del turismo di massa - una piccola attrattiva locale. Tanto che nel 1983, quando il sindaco decise di porre fine alle 'ostilità", parte dei coraggiosi concittadini si oppose sonoramente alla decisione. Purtroppo, l'indiscusso valore di Lijar non è mai stato preso per più che una dròle de guerre da parte dei "nemici". Jean-François Thiollier, ambasciatore a Madrid al tempo del "trattato" di "pace", commentò la vicenda cosi: «Troviamo il tutto molto divertente, ma è bello che qualcuno voglia fare pace».
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La guerra per Zanzibar  -  Impero britannico vs. Sultanato di Zanzibar - Durata: 40 di minuti  (1896)

Il 27 agosto 1896 il sultano dello Zanzibar decide che gli inglesi non possono fare quello che vogliono nel suo Paese. Gli inglesi invece credono proprio di poterlo fare.
Indovinate chi vince. Il 25 agosto 1896 Khalid era stato eletto sultano dello Zanzibar, ma senza chiedere il permesso al console britannico, come voleva un trattato del 1886. Un’onta che andava lavata con ogni mezzo. L’ultimatum scadeva alle 09:00 e i britannici inviarono 1.050 uomini e 5 navi e bombardarono per un'ora, distruggendoli, i più bei palazzi, l'harem, il faro di Zanzibar  e affondarono il panfilo del sultano. Riportando un solo ferito, fecero sulle 500 vittime e costrinsero il nemico alla resa alle 09:40. Zanzibar divenne un protettorato britannico.
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La guerra dei trono dorato  -  Impero Britannico vs, Ashanti  (1900)

Iniziò perché il governatore britannico dell'Ashanti (l'odierno Ghana) pretese che gli abitanti gli consegnassero un trono dorato,
Oltre alla tendenza a scatenare guerre alla prima occasione buona, quale è stata l'altra prerogativa del defunto Impero britannico? Esattamente, il colonialismo. Una guerra come quella con l'Impero Ashanti. però, rimane un caso estremamente particolare. Per il popolo che abitava l'odierno Ghana, il famigerato sgabello d'oro costituiva un vero e proprio oggetto sacro: trono reale, simbolo del potere supremo, si diceva che fosse sceso dal cielo e che contenesse lo spirito di vivi, defunti e non ancora nati della nazione Ashanti.
Nel 1895 il Regno Unito aveva invaso l'impero africano, di fatto assimilandolo al pari delle altre colonie britanniche nella Costa d'Oro; il re Prempeh I fu costretto all'esilio alle Seychelles. Cinque anni dopo, il governatore coloniale Frederick Hodgson ebbe la splendida idea di reclamare lo sgabello per sé. Conoscendo il valore dell'oggetto - ma trascurando, evidentemente, l'importanza dello stesso per gli Ashanti - si rivolse direttamente alla folla, chiedendo che il sacro artefatto gli fosse consegnato per sedervisi sopra.
Lo sgabello, riteneva Hodgson, apparteneva ora alla regina Vittoria e. se la consegna non fosse avvenuta spontaneamente, sarebbe stata condotta una ricerca a tappeto per trovarlo.
Alla popolazione bastò sentire quelle parole per infiammarsi immediatamente. La regina madre Yaa Asantewaa organizzò una forza militare per liberare il re in esilio, e la squadra di ricerca dello sgabello fu presa d’assalto e costretta alla ritirata. Nei mesi successivi, gli Ashanti cinsero d'assedio il fortino locale dei britannici, compiendo sabotaggi e iniziative isolate.
A giugno Hodgson ricevette un rinforzo di mille unità, che ribaltò la situazione e portò all'assedio della capitale Kumasi il mese successivo. Entro settembre, le truppe ausillarie del maggiore James Willcocks procedevano a sedare la ribellione nelle regioni circostanti. Il bilancio definitivo fu di tremila morti (mille britannici e duemila Ashanti).
Infine l'Impero Ashanti fu annesso a quello britannico, pur mantenendo un'indipendenza de facto dovuta alla resistenza locale: fondamentale, in questo senso, il mantenimento dello sgabello, nascosto nelle foreste per tutta la durata della guerra.
I britannici smisero di cercare l'oggetto nel 1920; purtroppo, poco dopo, alcuni lavoratori lo rinvennero per caso e lo spogliarono dei rivestimenti dorati, rendendolo privo di potere agli occhi degli Ashanti.
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La guerra del cane  -  Grecia vs. Bulgaria  (1925)

Se per caso il cane ti sfugge dal guinzaglio, fai in modo di non seguirlo fino in Bulgaria, specie se è il 1925.
Le tensioni post-guerre balcaniche erano tali, infatti, che un soldato venne abbattuto proprio dopo aver sconfinato per questa ragione, a Petrieh, in Bulgaria.
I greci ci rimasero davvero male, tanto che rilasciarono un ultimatum in cui chiedevano la punizione per i responsabili, scuse ufficiali e due milioni di franchi. In seguito, invasero vari villaggi del Paese limitrofo e posero sotto assedio Petrieh.
Solo l’intervento della Società delle Nazioni fece sì che la cosa terminasse senza ulteriori aggravarsi della situazione.
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Guerra degli emù  -  Australia (esseri umani) vs. Australia (emù)  (1932)

La Grande guerra degli emù, nel corso della quale l'esercito australiano perse contro un branco di emù, ebbe luogo dal 2 novembre al 10 dicembre del 1932.
Verso la fine degli anni Venti, le fattorie agricole nell'Australia dell’ovest erano minacciate da due fattori: il primo fu la Grande Depressione, che comportò la carenza di materie prime e l'insufficienza dei sussidi statali. Il secondo fu lo stanziamento nell'area di circa 20mila emù. I grandi pennuti, attratti dai campi coltivati, procedevano a divorarne i raccolti lasciandosi dietro terra morta. La situazione spinse alcuni veterani, poi diventati contadini, a chiedere aiuto al ministro della Difesa George Pearce - poi rimasto noto come "ministro della Guerra degli emù", ahilui.
Pearce inviò nell'area la Royal Australian Artil/ery, sotto il comando del maggiore G. P. W. Meredith. Il 2 novembre iniziarono i primi "scontri", che in realtà consisterono in raffiche di mitragliatrice rivolte contro i volatili. Le prime raffiche fallirono perché gli emù si trovarono fuori portata, mentre le successive uccisero 'forse una dozzina" di essi. Due giorni dopo, altri mille emù furono avvistati nei pressi di una diga, ma la mitragliatrice si inceppò dopo averne uccisi solamente dodici.
Altro problema era dato dal movimento eccessivamente rapido degli invasori piumati: Meredith ordinò che fosse montata una mitragliatrice su un camion, ma anche in questo modo gli emù si rivelavano essere più veloci e capaci di fuggire al fuoco nemico. Dopo sei giorni di "combattimenti" e 2.500 proiettili sparati, gli uccelli uccisi ammontavano a una cinquantina. Meredith riportò fiero nel suo verbale che i suoi uomini non avevano subito perdite. L'8 novembre, a causa dell'impatto mediatico negativo, Pearce ordinò la ritirata
Gli emù proseguirono nel loro ingordo attacco, al punto da convincere i contadini a chiedere un nuovo supporto statale. Questo arrivò il 12 novembre, nuovamente guidato da Meredith, e si rivelò più efficace: i rapporti parlano di 10 colpi sparati per ogni emù ucciso, per un totale di 2.500 "nemici". Ma nemmeno il secondo intervento bastò a estirpare interamente la minaccia pennuta: i contadini furono costretti a chiedere aiuto altre tre volte (1934, 1943, 1948), ma senza ricevere altra risposta dal governo. La guerra era conclusa: gli emù avevano vinto.
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La guerra del calcio  -  Honduras vs. El Salvador  - Guerra delle 100 ore  (1969-80)

Nel 1969, El Salvador e Honduras si giocavano la qualificazione ai Mondiali di Calcio dell'anno successivo. Per inciso, le relazioni tra i due Stati si trovavano ai minimi storici a causa di problemi relativi airimmigrazione: in Honduras si trovavano infatti circa 300mila salvadoregni, che costituivano una buona percentuale della popolazione agricola del Paese ospite. Nel 1967, una legge di riforma agraria espropriò le terre agli immigrati salvadoregni - tanto regolari quanto irregolari - il che costituì l'esplosiva ricetta che due anni dopo condusse al conflitto armato.
L'8 giugno 1969, si giocò a Tegucigalpa il primo dei due scontri diretti tra le nazionali di Honduras e El Salvador: prevalse per 1-0 la squadra di casa, e si verificarono le prime violenze tra tifosi. Il match di ritorno, giocato sette giorni dopo a San Salvador, vide a sua volta la vittoria della squadra di casa per 3-0, e fu seguito da scontri ancora più intensi. A questo punto fu necessario giocare una partita di spareggio, che si giocò su campo neutrale il 26 giugno.
Qualcosa di grosso era già nell'aria, tanto che i cittadini di un Paese residenti nell'altro si mossero per tornare nelle rispettive patrie. Infatti, galeotto fu lo spareggio e chi lo indisse: al termine del match - vinto da El Salvador per 3-2, ai tempi supplementari - il Governo salvadoregno troncò i rapporti diplomatici con i vicini, citando l’incapacità di risolvere il "genocidio” ai danni dei propri cittadini.
Due settimane dopo, il 14 luglio, iniziarono gli scontri militari. L'aviazione salvadoregna attaccò a sorpresa, utilizzando aerei civili carichi di esplosivo per bombardare bersagli strategici in Honduras: fu colpita anche una base aerea, cosa che limitò la capacità dei difensori di reagire prontamente. Infatti gli honduregni riuscirono a controbattere - all'avanzata aerea e su terra - solo due giorni dopo, colpendo a loro volta la base di llopango e alcuni oleodotti.
Nel frattempo, l'Osa {Organizzazione degli Stati Americani) intimò a entrambi i membri il ritorno nei ranghi: i primi inviti alla tregua furono ignorati dal governo honduregno, preso dal timore che El Salvador potesse approfittarne per prendere la capitale Tegucigalpa.
Il 18 luglio, dopo quasi quattro giorni - motivo per cui il conflitto è anche noto come Guerra delle 100 ore - fu raggiunto l'accordo per il cessate il fuoco. Le truppe salvadoregne si ritirarono dal Paese il 2 agosto, lasciandosi dietro più di tremila morti (900 salvadoregni, 2.250 honduregni). Ancora oggi, nonostante le formalità previste dal trattato di pace del 1980, la disputa è considerata aperta.