Venti racconti si dispiegano l’un dietro l’altro: in un crescendo di estri imprevedibili, e di compli-cazioni drammatiche, secondo un disegno di inesausto diletto che in ogni singola trama si disvela con la levità e la sot-tigliezza di un giocar di scene «stramme» dentro l’unità di luogo dell’arena vigatese, non senza tuttavia una qualche malinconica trasferta del primo attore. Tutto è elusivo a Vigàta, e stravagante. Vi predomina una logica che sembra sgan-gherata.