Page 1206 - Shakespeare - Vol. 4
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e fiutano dove c’è resistenza. Potrei giurarci
che l’hanno fatto a pezzi; ulularono tutti insieme,
e poi lo mangiarono; e così è finita.
Fatti coraggio e suona la campana. E poi che sarà di me?
Tutto è finito ora che lui è andato. No, no, m’inganno;
mio padre sarà impiccato per la sua fuga,
io a mendicare, se tenessi alla vita tanto
da negare la mia azione; ma non lo farò,
dovessi soffrire la morte in mille modi. Sono confusa;
non presi cibo questi due giorni; solo un poco d’acqua.
Non ho chiuso gli occhi, se non quando
le palpebre spazzavan via il salmastro. Ahimè,
sciogliti, vita, prima ch’io perda il senno,
e non m’anneghi, o pugnali, o m’impicchi.
O edificio della natura, cedi in me del tutto,
se i tuoi più forti sostegni si sono piegati! Da che parte adesso?
La via migliore è la più breve alla tomba;
ogni passo che erri altrove è tortura. Ecco,
la luna è tramontata, i grilli stridono, la strige
invoca l’alba. Ogni compito è concluso,
tranne quello in cui fallisco; ma il punto è questo,
una fine, ed è tutto.
Esce.
Scena III EN
Entra Arcite, con cibo, vino, e lime.
ARCITE
Dovrei esserci vicino. Ehi là, cugino Palamone!
Entra Palamone.
PALAMONE
Arcite?
ARCITE