Page 1200 - Shakespeare - Vol. 4
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ATTO III         EN






                                                     Scena I        EN



               Trombe in luoghi diversi. Rumori e incitazioni come di gente alla festa del
                                        calendimaggio. Entra Arcite solo.



              ARCITE
               Il Duca ha perso Ippolita; ognuno andò
               ad un diverso prato. Questo è un rito solenne

               che si deve al Maggio fiorito, e gli Ateniesi l’offrono
               con cerimonie elaborate. O regina Emilia,
               più fresca del Maggio, più dolce
               dei suoi boccioli d’oro sui rami, o di tutti
               gli smaltati gioielli del campo o del giardino − sì,

               noi sfidiamo anche la riva d’ogni ninfa
               che fa la corrente apparire di fiori − tu, o gioiello
               del bosco, del mondo, hai parimenti benedetto un luogo

               con la tua sola presenza. Nella tua fantasia
               potessi io, povero mortale, un giorno introdurmi
               ed occupare un tuo casto pensiero! Caso tre volte beato
               capitare una tale padrona, e così
               assolutamente inaspettato! Dimmi, signora Fortuna,

               subito dopo Emilia mia regina, fino a che punto
               potrò andarne fiero. Ella si cura molto di me,
               mi ha messo vicino a lei; e in questa vaga mattina,

               primavera di tutto l’anno, mi regala
               un paio di cavalli; due destrieri ben degni
               d’esser montati da una coppia di re in un campo
               dove si decidesse il diritto alla corona. Ahimè, ahimè,
               povero cugino Palamone, povero prigioniero, tu

               che neppure sogni la mia fortuna,
               ti consideri l’oggetto più fortunato, per essere
               così vicino a Emilia; mi pensi a Tebe,
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