Page 1184 - Shakespeare - Vol. 2
P. 1184
Shakespeare sono presi sottogamba dai critici, come scherzi di moda o segni
della gran sicurezza dell’autore nei riguardi del suo pubblico. Certo i titoli in
questione − Love’s Labour’s Lost, Much Ado about Nothing, As You Like It,
Twelfth Night or What You Will − erano di moda in un tempo allertato
all’ironia e all’ambiguo, si direbbe all’umorismo pirandelliano avanti lettera. E
forse essi sono un po’ più che scherzi. In Much Ado about Nothing Hegel
trovava un aiuto per capire lo spirito della comicità, se non quasi uno slogan
che lo sintetizzava, esprimendo anche quella che nel suo sistema mirabile di
certezze e fedi era l’intenzione etica della commedia: regno della soggettività
beata nella sua carenza di valori, che però rimandava al mondo dei valori
dell’oggettività tragica. I critici inglesi si tengono invece all’analisi empirica.
Ado significa «affanno, briga, fatica», e dice il Palmer (1946): «C’è molto
indaffararsi in questa commedia attorno all’innocente Ero calunniata... e tutto
ciò, avverte l’autore nel titolo, è nulla; nulla di quelle cose terribili che
avvengono sui gradini dell’altare deve preoccuparci seriamente e invece
dobbiamo considerare lo splenetico Don Juan nulla di più dell’omaccio nero in
una favola lieta». E A.R. Humphreys (1981): «Molta briga per nulla sembra un
titolo adatto a qualche effimero divertimento, ma non a un lavoro la cui
potenza comica e tragicomica ci colpisce così intensamente. La ragione... può
essere la frequente nonchalance di Shakespeare riguardo ai nomi delle sue
commedie. Ma ci può essere qualcosa di più». E sarebbe, come da tempo
accettano tutti i critici, il rinvio al calembour che occorre a II, iii, 52-55: un
gioco di parole, a dire il vero abbastanza scipito, tra «nothing» e il suo già
omofono «noting» (notare, osservare). La commedia è «opera piena di
orecchiamenti e illazioni, notazioni sbagliate e brighe per nulla». La sua
azione è mossa da successive manipolazioni della realtà, e tutto il gran
notare (noting) che si fa in essa dà come risultato un nulla (nothing), che per
fortuna, aggiungiamo, è positivo, perché significa che tutti i mali temuti erano
mali immaginari: appunto, il nulla in cui consiste l’infedeltà di Ero e
l’avversione che par separare Benedetto e Beatrice.
Fin qui i critici inglesi. Ma la risonanza più vasta che Hegel aveva avvertito in
quelle parole si amplia ancora di più per noi che siamo fuori dal suo sistema.
Tutti quei titoli che ho ricordato sembrano in verità indici di una visione,
quella comica e tragica di Shakespeare, la cui «indeterminatezza» (il cui
rifiuto di dare risposta alle domande che l’opera stessa pone ogni volta)
autorizza il fruitore a dare all’opera il senso che ciascuno può mettervi
(«Come vi piace», «Ciò che volete»), quando non si indica in modo più
specifico e scettico che «pena d’amore è pena perduta». Se il piccolo mondo